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venerdì, marzo 03, 2006

C'è confusione sotto le stelle.

Quando il vecchio negro smetteva di fumare in paese si diceva che avrebbe piovuto, fra un'ora o due, al massimo tre. Ad ogni tiro del suo sigaro si innescavano nell'aria essenze primordiali, Babilonia bruciava & con lei le anime di quei dannati Conquistadores, dei gesuiti approfittatori, e bruciava il tempo e il ricordo delle guerre, e l'incendio era una distruzione dolosa, deliberata, autoprovocata.
Tutti in paese pensavano che il sigaro del vecchio negro fosse magico. Quando il vecchio negro fumava sembrava quasi che il tempo si fermasse ad osservarlo, e con esso tutta la gente attorno, e il cielo sembrava più azzurro, e i bambini tutti belli e sani, e anche Dio sembrava più umano. Il fumo denso sbiadiva il contorno delle cose che circondava, i ricordi diventavano certezze, zen & dottrine occidentali, linee & curve, gioie & dolori si mescolavano alle pareti color anfetamina dell'unico bar del paese.
In paese, dov'era un'autorità, una specie di saggio, tutti lo rispettavano e lo ossequiavano, lo riverivano come un papa, il barbiere gli faceva la barba una volta a settimana senza farlo mai pagare e Keith la cieca gli comprava le birre, ma patto che poi lui le descrivesse il tramonto e le raccontasse la Rivoluzione.
Nessuno sapeva il suo nome e da dove venisse, ma dalla durezza delle sue mani si capiva che aveva lottato tutta la vita, e le sue parole nascondevano la tenerezza infinita di chi ha sofferto e perduto.
Aveva fatto la Rivoluzione da giovane, dicevano i bene informati, e poi era scappato perchè i buoni erano diventati cattivi e i cattivi erano rimasti cattivi, e la sua gente ormai lo credeva stecchito da un pezzo.
Ogni tanto qualcuno -i più giovani di solito, irriverenti, ma anche qualche donna- gli chiedeva cos'era la Rivoluzione.
Il suo volto allora si turbava. Con gli occhi di tutti puntati sulle tempie, parlava di Dante e Bakunin, citava Godard e Voltaire, e intanto fumava, fumava,e le parole danzavano accompagnate da cerchi perfetti di fumo bianco, che disegnavano un enorme scarabocchio tra le sue tempie, e le stelle del cielo gli collassavano addosso.
Un vortice di granelli di sabbia negra scompigliava i pensieri di chi lo ascoltava, proprio come una raffica di vento sfoglia che i libri cercando parole che non troverà mai, quando i fogli fanno un rumore simile a quello di vecchie motrici elettriche di altrettanto vecchi vagoni ferroviari.
Parlava di libertà & di scelte, di prepotenti e impotenti, di petrolio e cocacola, malediceva la democrazia e chi la esportava, bestemmiava Dio e la polizia, e fumava, ma pochi lo capivano davvero. Alcuni turisti di passaggio gli lasciavano di tanto in tanto qualche spicciolo per una birra. Pensavano fosse pazzo.
Lui lo sapeva che i pazzi erano altri, accettava e non si stupiva. Niente lo stupiva più.

 
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